Collalto fortificata, com’era il castello nel 1373

Castello di Collalto nel 1373

Collalto fortificata, com’era il castello nel 1373

C’è un antico documento, conservato nell’Archivio di Stato di Brno (Repubblica Ceca), che elenca i turni delle guardie e i luoghi sorvegliati del castello di Collalto nel 1373. È una pergamena allungata di tipo italiano scritta in carattere gotico su entrambi i lati che riporta l’elenco delle guardie ordinate a seconda dei singoli turni cui corrisponde un giorno della settimana, partendo dalla domenica.
Segue il regolamento del presidio che stabilisce i doveri delle guardie (ordo et regula); c’è infine l’elenco con i nomi degli uomini in armi e la loro posizione in difesa del castello.
Partendo da questo documento, l’architetto Michele Potocnik, socio fondatore e primo presidente dell’associazione ArcheoSusegana, ha formulato una ipotesi grafica di come potrebbe essere stato il castello di Collalto nel XIV Secolo.
Del documento d’archivio conservato a Brno parlano lo storico suseganese Pier Angelo Passolunghi nella “Nota storico-insediativa sulla località di Collalto” pubblicata sulla rivista Studi Trevisani n° 5 – 6; pag. 13-20, (1987) e Ondřej Schmidt, ricercatore del Dipartimento di Scienze Storiche Ausiliarie e Archivistica, Masaryk University di Brno, nel libro “Z Trevisa do Brtnice” pag. 142, (2019).
La stesura del documento, come espressamente indicato, è avvenuta il 1° gennaio 1373 e il 1° aprile dello stesso anno per volere del conte Rambaldo IX; successivamente sono stati aggiunti i nomi degli uomini a difesa del “nuovo bastione”.
La redazione del documento trova giustificazione nel contesto storico dell’epoca: tra il 1372 e il 1373, la Marca Trevigiana era al centro di operazioni militari per la guerra dei confini tra la Repubblica di Venezia e il padovano Francesco I da Carrara, appoggiato dal re di Ungheria Ludovico il Grande.
In questa guerra i Collalto avevano preso le parti della Repubblica, esponendo i feudi alla minaccia degli eserciti ungherese e padovano.
Nel dicembre del 1372 l’accampamento veneziano, attestato a pochi chilometri dal castello di Collalto, venne assalito dalle truppe nemiche. Si può supporre che il documento per la disciplina dei turni di guardia, di poco successivo, possa essere stato redatto per venire incontro alla situazione di emergenza dovuta al conflitto.
Di fatto, il documento fornisce uno spaccato del funzionamento del castello di Collalto in tempo di guerra, in particolare dopo il tramonto, con il suono delle campane ad annunciare il periodo di maggiore vulnerabilità, cui doveva seguire una dettagliata serie di azioni e di precauzioni a cominciare dalla parola d’ordine.
Quest’ultima, indicata come nomen militis, era conosciuta da tutte le guardie e doveva essere pronunciata da chiunque passasse dalla zona sorvegliata, pena la lapidazione (percuciantur cum lapidibus).
Dal documento emerge che singoli gruppi di armigeri sono comandati alla difesa personale del conte Rambaldo, al presidio della torre grande, delle mura, delle porte o dei bastioni più piccoli.
Tra le armi usate troviamo balestre e pietre, ma anche armi da fuoco (sclopis). I nomi delle guardie danno preziose informazioni sulla composizione sociale del presidio e sulla provenienza dei singoli armati all’interno della contea. Risultano però presenti anche soldati mercenari dal vicino Friuli e Teutonici (Tedeschi).
Il documento si presenta come un interessante spaccato del complesso castrense di Collalto, utile sia per capire la strategia difensiva che per risalire alla fisionomia della struttura fortificata.
Come ha riportato Passolunghi, si stabilisce come al tramonto (in occasu solis) i deputati ad custodiam castri Collalti, chiusa la porta principale (clausa ianua castri) dovessero al suono della campana turnarsi cum suis armis nella custodia del perimetro murario (supra murus castri) per impedire ad aliquem ascendere murus de extra nec cum schala nec cum aliquo alio ordegno;
nella custodia delle porte del castello;
nella custodia di alcune particolari postazioni quali poste toresele, poste figerii, poste orti, poste talponis, poste pusterne;
nella custodia armata, cum balisti et lapidibus, della torre principale (ad custodiam turis magna);
nella custodia armata con schioppi e balestre presso il forno e presso la cucina (ad custodiam poste pistoris cum sclopis et balistis; ad custodiam poste coquine cum sclopis et balistis);
nella custodia del palazzo nuovo (ad custodiam palacii novi);
nella custodia di determinati edifici caratteristici per la residenza padronale (ad custodiam mansionis, ad lobiam);
nella custodia del muro corrente fino al campanile (ad custodiam muri castelarii lobie usque ad campanile et ad campanile);
nella custodia del tratto di fossato corrente fino alla casa signorile di Tolberto (ad custodiam poste fosso usque ad domum Tolberti);
nella custodia della persona del conte Rambaldo (ad custodiam persone domini Rambaldi);
nella custodia della rocca (ad custodiam arche casti Collalti) che prevedeva differenziati turni di sorveglianza della torre di San Giorgio (ad turim S. Giorgii), a quella di San Martino (ad turim S. Martini), al belfredo dislocato presso l’osteria (iuxtra tabernam), a quello presso il dongione (ad butifredum existens in curtivo done ture), a ulteriori cinque belfredi presso abitazioni civili;
nella custodia di distinte palizzate (ad custodiam resteli del corbaçono, ad custodiam resteli del lavadoro);
nella custodia delle bastie nuove (bastie nove) che richiedevano anch’esse differenziati punti di sorveglianza alle entrate prope muxile e iuxtra portam muxilis, a una palizzata, a due butifredi presso le due porte e annessi apprestamenti difensivi (ad custodiam butifredi prime porte et per totam illam spinatam usque ad cantonum;
ad custodiam secundi butifredi secunde porte), ad altri due belfredi in cantono bastie, in capite ponti sub postem figerii, a quattro bertesche dislocate in cantono bastie, in capite ponti su postam figerii, a quattro bertesche dislocate suprem viam versus domum gastaldi, descendendo versus sero, descendendo versus sero supra butiferum prime porte, supre restelum.
Il documento certifica la presenza a Collalto di un ben delineato impianto castrense che, nel tempo, si è evoluto. La menzione del palacium novum prospetta un impianto edilizio complesso di epoca precedente, un palacium vetus che però non viene nominato, forse perché abbattuto per far posto alla nuova costruzione.
Dalla rocca (arca castri), dove alla sovrastante turris magna si affiancavano altre due torri che prendevano il nome dalle vicine chiese di San Giorgio e San Martino, il primitivo nucleo fortificato, dotato di dongione, si allungava alle bastie nuove, dove il perimetro difensivo era stato fortificato da quattro bertesche.
Altre parti del castello erano fortificate da altri belfredi (butifredi) e lo spiazzo d’entrata (muxile) alle bastie da una palizzata (restelun) e una siepe spinosa (spinata) lasciata appositamente crescere.
Lungo il perimetro difensivo della rocca, tra alcune abitazioni civili, trova ubicazione la taberna del castello. Nel documento pergamenaceo sono nominati fabbri, conciatori, sarti, calzolai, macellai che con uomini provenienti dalle altre località della contea, in caso di bisogno, concorrevano alla difesa del castello di Collalto. A questo proposito va detto che, fatto salvo l’episodio del 1585 che ha visto coinvolto Furio Camillo di Collalto, nessun esercito è mai riuscito a violare le mura del castello.